Dalla Repubblica Democratica del Congo ci giunge questa testimonianza.
Sylvie è una bella bambina di quasi 7 anni che abita abbastanza vicino a noi. La sua famiglia è composta solo dai genitori, ma i parenti del papà sono spesso con loro. Papà Katambu Zefirino ha perso il lavoro a causa della guerra. Mamma Ilunga Liliana, lasciato l’insegnamento perché da anni non riceve salari, fa vivere la famiglia con un piccolo allevamento di galline.
È una famiglia giovane e, fin da quando Sylvie era piccola, ci vedevamo di tanto in tanto. Anche se sono cristiani, non conoscono il mondo religioso. La mamma mi ha detto ultimamente: «Io non ho mai conosciuto delle suore e non so immaginare cosa fate nella vostra casa…».
Sylvie è nata il 4 maggio 1995 qui, a Kisangani. Ha già vissuto le 3 guerre che si sono succedute in questi ultimi 3 anni, ma il suo sorriso è dolce e innocente come quello di un Angelo… Nel suo cortile abitano tante altre famiglie con tanti bambini e spesso vengono a vedere se nel nostro terreno ci sono dei frutti maturi da mangiare e da portare a casa.
Domenica 13 gennaio arrivano dei bambini e mi dicono: «Sylvie è gravemente ammalata». Ma come? rispondo. «Sì, ha la meningite».
Corro a vedere a casa sua. Dei parenti mi dicono che Sylvie si trova a Alabul, una clinica del posto, che non assomiglia neanche lontanamente a quelle europee.
Vado a vedere e trovo la piccola bruciante di febbre sul letto. Il papà mi dice che per quattro giorni hanno girato da un ospedale all’altro per trovare qualcuno che accogliesse la piccola con il poco denaro che avevano.
Quando vedo Sylvie arsa dalla febbre e il papà mi assicura che le è stata diagnosticata la meningite, non posso trattenere le lacrime. Chiedo all’infermiere che cure fanno e dice che, dopo le iniezioni le fanno dei bagni freddi per fare abbassare la febbre che è troppo alta. So che la meningite è spesso mortale per i bambini, specie per i bimbi di qui e, seppure si guarisce, la malattia lascia conseguenze gravi. Mi inginocchio vicino a Sylvie e con il papà preghiamo intensamente per lei. Solo Dio può quello che noi non possiamo e che desideriamo con tutte le nostre forze.
Dopo aver pregato il papà mi dice che la notte la bambina ha chiesto continuamente di venirmi a chiamare per andare a dormire con lei, perché aveva tanto male. Ora però Sylvie non parla più.
Metto sotto la sua testina l’immagine della Prima Maestra Tecla e dico al papà di pregare con fede Dio attraverso l’intercessione di Suor Tecla. Tecla amava molto i bambini e certamente avrebbe interceduto per Sylvie. Rientro a casa. La preghiera si fa più intensa. Tutta la Comunità prega per Sylvie.
Il giorno dopo faccio un salto per vedere come vanno le cose e meraviglia delle meraviglie, trovo Sylvie sul letto che mangia un pezzo di pane con una mano e dall’altra tiene l’immagine di Tecla. Mi dico: ma è possibile? Sì, è possibile, perché Sylvie sorride… L’abbraccio con commozione e infinita gioia! La sua voce è flebile, come un filo che sta per rompersi, ma la sua vita è salva. Mi fa vedere l’immagine di Tecla e papà dice che l’ha sempre voluta tenere in mano e l’ha sempre guardata da quando si è svegliata. Anzi, Sylvie dirà dopo, che Tecla è sempre stata seduta vicino a lei pregando, come è nell’immagine.
Un fatto è certo. Sylvie è fuori pericolo. Lascerà la clinica perchè costa troppo, ma per alcuni giorni papà ve la porterà ancora 3 volte al giorno con la bicicletta, anche se la piccola è debole debole, per finire la cura cominciata, Le iniezioni fanno tanto male, ma non si lamenta mai, perché sa che la sua sofferenza è una potente preghiera per la pace del suo paese e nel mondo.
Dal mese di febbraio Sylvie ha ripreso la scuola, la seconda elementare e spesso tornando da messa, sento una vocina che mi dice, “Bonjour, ma soeur”. Alzo gli occhi e vedo il sorriso del nostro Angelo guarito.
Grazie Signore che ascolti le nostre preghiere. Grazie Maestra Tecla della tua intercessione presso il Maestro della Vita. Grazie d’aver protetto Sylvie, questo piccolo fiore nella foresta sperduta del Congo.
(Il Cooperatore Paolino, n. 5 – Maggio 2003, pp. 15-16)