Le artiste associate

sr Giuseppina Balestra (1915-2015)

Riportiamo una testimonianza di sr Giuseppina Balestra, una delle sorelle più anziane della congregazione. Per molti anni ha accompagnato Maestra Tecla in diverse comunità, in Italia e all’estero, svolgendo il servizio di autista.


Maestra Tecla era molto delicata nella carità verso le sue figlie. Più di una volta mi è capitato di rimanere un po’ seria dopo qualche osservazione ricevuta da lei.

Quasi sempre, però, rincontrandomi mi sorrideva e mi guardava con i suoi occhioni penetranti, quasi mi volesse dire: “Mica mi tieni il broncio…”. Altre volte me lo diceva apertamente: «Ti faccio le osservazioni perché ti voglio bene, perché ti voglio santa! Sarebbe brutto segno se mi dovessi mettere i “guanti bianchi “per dirti le cose. Va’, va’: sta’ serena e fatti santa!».

Era una donna umile e sapeva accogliere, con riconoscenza, anche le “correzioni” che le facevamo noi semplici suore.

Una volta arrivammo, inaspettate, in una delle nostre case. La gioia si leggeva negli occhi di ogni sorella. La superiora era dispiaciuta perché due suore erano fuori per l’apostolato. Le chiamò al telefono, e poco dopo esse giunsero a casa. Una di loro, appena vide la Prima Maestra, le corse incontro, le prese la mano e gliela baciò con entusiasmo. Ma lei ritirò subito la mano, facendo capire di non gradire questa forma di devozione. La sorella rimase molto male per quella reazione, ma la Prima Maestra non si accorse di nulla.

Vedendo la sofferenza della sorella, che si era tenuta in disparte per tutto il tempo della nostra visita, lasciando quella comunità mi feci coraggio e le dissi: «Vede, Prima Maestra, lei non s’è fatta baciare la mano da quella suora, che è rimasta male, poverina. Si lasci baciare la mano tranquillamente e senza resistenza. Questo può servire ad avvicinare chi non la conosce tanto o chi non osa. Perché a prima vista lei incute un po’ di soggezione!». Mi rispose: «Sono proprio contenta che mi fai notare questo. Io non mi sono accorta di nulla. Sai, non ci tengo che mi bacino la mano, ma se questo può servire ad avvicinare le sorelle, lo farò senza difficoltà. Vedi? Questo è il guaio: a noi superiori non ci dicono mai i difetti, anche se li vedono. Hanno paura di dirceli. E così noi non ci correggiamo mai. Mi hai fatto proprio piacere a dirmelo. Deo gratias! Dimmelo sempre, quando vedi qualcosa che non va».

Sia nelle case filiali e sia a Roma, Maestra Tecla era l’anima delle belle ricreazioni. Aveva una scatola che faceva parte del bagaglio ordinario nei suoi viaggi: vi erano contenuti giochi di vario genere di cui solo lei ed io, qualche volta anche M. Assunta Bassi, conoscevamo i “trucchi”. Lei, scherzando, diceva che noi due eravamo le «artiste associate»… Se c’era bisogno di aiuto, sceglieva la sorella più timida o quella che a lei sembrava avesse più soggezione.

Più di una suora, dopo tali ricreazioni, mi diceva: «Sai, la Prima Maestra mi ha fatto passare tutta la soggezione che avevo di lei. Com’è bello, così! Quanto è cara! Non avrei mai immaginato che fosse così»…


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